Ho avuto modo più volte di scrivere su questo blog che Quantum Leap è la mia serie preferita di tutti i tempi. E' la stato il primo vero telefilm (all'epoca li chiamavamo solo così) guardato consapevolmente, in un'etá nella quale tutto ci colpisce ed influenza di più. Tra un episodio sparso di Supercar di qua ed un A-Team di là, che pure apprezzavo, in Viaggio nel Tempo (in Italia lo conoscevano così) mi ha mostrato per la prima volta qualcosa di diverso, di inusuale, lontano dai cliché dei buoni e dei cattivi dell'epoca.
Innanzitutto mi ha "iniziato", appunto, ai viaggi nel tempo (e alla fantascienza tutta), tematica che da lì in poi ho sempre adorato e divorato in tutte le sue forme. In secundis mi ha mostrato il valore dell'empatia, del riuscire a capire il punto di vista dell'altro, delle persone di un'altra epoca, del dolore che rende le persone incattivite, ad ogni epoca e ad ogni latitudine. Quantum Leap era l'unica serie leggera e drammatica allo stesso tempo, con puntate tipicamente comedy ed altre agghiaccianti. In una puntata ti trovavi di fronte ad un musical, in un'altra in uno scenario di guerra, passando per il gangster movie, il thriller, il giallo, il legal thriller, l'horror. Quantum Leap era tutti i generi immaginabili in un solo telefilm, quanti altri potevano fare lo stesso?
Mettiamoci poi che, in un'epoca ancora piuttosto restia ad affrontare con consapevolezza certi temi (gli anni 80 e i primi 90) ti prendeva a pugni nello stomaco, facendoti vivere dal'interno il razzismo, l'omofobia, l'abbandono di chi ha problemi di disabilità, la misoginia...E raramente lo faceva con la retorica spiccia, ma mostrandoci il perchè certi modi di pensare possono diventare pericolosi (gli stessi Al e Sam nel telefilm mostrano dei pregiudizi, che poi nel corso del tempo imparano a superare e noi con loro).
Potrei stare insomma a parlare per ore del perchè per me Quantum Leap sia IL telefilm e della ferita mai rimarginata della sua chiusura: immaginate di avere un eroe da bambini che nell'ultimo numero del fumetto rimane intrappolato in un loop infinito dal quale non uscirá mai più, morendoci. Fine. Quel "Sam non fece più ritorno a casa" mi tormentò per anni.
Va da sé che attesi per decenni questo fantomatico Remake, come il Messia che sarebbe giunto infine a fare giustizia, a chiudere tutte le questioni irrisolte, a regalare a Quantum Leap e Sam Beckett il finale che meritavano, prima di salutarci per sempre.
Quel Remake alla fine inaspettatamente arrivò, giunse pure in Italia (con tempi biblici) e...puff. Puff? Si, puff. Avete presente quando adorate un videogame, non vedere l'ora che esca il secondo e poi quello esce anni dopo e ha solo una grafica un po' più bellina, due o tre features in più che manco vi interessano e manca di quelle caratteristiche che vi avevano esaltato del primo? Ecco.
In sintesi questi sono i motivi per i quali il remake di Quantum Leap ad oggi non funziona e (pur non essendo una schifezza) risulta una delusione. Almeno la prima stagione.
Una delle caratteristiche principali di Quantum Leap era il suo immergerci ogni volta in un anno ed in un'epoca differente. Cosa c'è di meglio in una serie sui viaggi nel tempo dell'assaporare usi, costumi e location di una determinata epoca che non abbiamo vissuto o che ricordiamo vagamente? Qui le puntate per il 90% sono ambientate al chiuso di una nave, un'astronave, un ospedale psichiatrico, in un ristorante. Ok che il budget sarà risicato ma che viaggio nel tempo é se il fattore "tempo" del viaggio viene messo sullo sfondo? Dove sono i paradossi, le citazioni, le battute da anacronismo, i costumi?
Quantum Leap non era una Spy story. Le scene ambientate nel presente servivano solo a dare un contesto e un background alle peripezie di Sam (e al perché del suo voler tornare a casa). Perché allora qui invece almeno 1/3 di quasi tutte le puntate sono dedicate ad un fantomatico gioco di scacchi tra fazioni in gioco non ben definite, che si giocano la possibilitá di controllare i viaggi nel tempo? Pure nel Quantum Leap originale c'erano gli Evil Leapers, ma erano figure sfuggenti, affascinanti, mai ben identificabili, che apparivano solo all'interno dei viaggi. E questo porta ad un ulteriore problema che vediamo nel punto seguente.
Il remake di Quantum Leap ha (paradossalmente) problemi con il tempo. Tutto sembra affrettato, veloce, affetto dalla frenesia del voler risolvere tutto subito (anche a causa del maggior spazio dedicato alle scene ambientate nel presente). Che fine fa l'empatia con i personaggi, l'affezionarci a loro, il capire i loro problemi, il loro punto di vista? Spariti. Cosa ce ne dovrebbe fregare se Tizio o Caio é discriminato, é depresso, ha problemi, è in pericolo? Ci dispiace ovviamente ma é il dispiacere nel guardare una persona dall'esterno, della quale non conosciamo nulla. E così vengono gettate alle ortiche tutte le premesse originali, per assistere ad una retorica spiccia che spesso non ha l'effetto voluto. Il Quantum Leap originale ci emozionava, ci faceva stare in pena o in ansia per i personaggi, questa ci fa chiedere solo "come risolveranno la questione?"
Non che i due attori non ci provino, ma Quantum Leap era Scott Bakula e Dean Stockwell (e i relativi Sam e Al), piaccia o non piaccia. Erano i loro battibecchi, i loro scherzi, la loro amicizia il vero motore della serie. Il modo col quale Sam ogni volta, pur con le sue 5000 lauree, si mostrava impacciato se doveva imparare a ballare, la sua inadeguatezza, la sua corsa strascicata...Non era un eroe perfetto, anzi, il più delle volte risultava inadeguato, fuori posto, incapace di rapportarsi con usi e costumi di una certa epoca o comunità. Il suo equivalente, Ben, sa fare tutto o quasi, fin da subito e se non lo sa fare tutto gli viene spiegato all'istante. Sam era un nerd fatto e finito, Ben invece un tuttofare buono per ogni situazione. Allo stesso modo se Al era un militare con dei pregiudizi che imparava a superare (ma allo stesso tempo un tipo anche tremendamente esilarante nelle sue fissazioni), Addison é un personaggio monodimensionale.
Nel Quantum Leap originale Sam saltava in un "ospite" e quest'ultimo veniva sbalzato al suo posto nel presente. In questo modo vedevamo lo straniamento di entrambi nel ritrovarsi uno nel passato e l'altro nel futuro, causando a volte grossi problemi. Questa meccanica del salto permetteva a coloro che agivano nel presente di interrogare il malcapitato e farsi "aiutare ad aiutarlo". Qui invece con un retcon abbastanza posticcio ci viene spiegato che Ben salta direttamente nell'ospite, che é ancora lì, anche se incosciente. Un modo molto semplice per mettere da parte una caratteristica molto importante del telefilm.
Difficile insomma che la serie possa compiere quel "salto" decisivo per raggiungere la qualità della serie originale, non ne ha forse nemmeno le ambizioni e probabilmente è passato troppo tempo e le nostre aspettative erano troppo alte. Si fa guardare e quelle poche citazioni non possono che farci piacere, quelle chicche che sono rivolte ai veri fan che ogni tanto spuntano in maniera inaspettata. Diciamo che lo si guarda più che altro per quelle. Ma chissà, magari il tempo ci sorprenderà
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