sabato 28 febbraio 2009

Carta, Povia, Vinci... Tre buoni motivi per non amar Sanremo.

Ad una settimana da Sanremo, mi trovo ad analizzare cosa è stato questo festival per un’amante della musica come me. E’ servito a convincermi sempre più del fatto che i veri amanti della musica fanno bene a non amarlo. Leggo Carta, Povia, Vinci, ma so che non è il celebre gioco con i gesti, bensì il podio del 49° Festival della pseudo-canzone italiana, ogni anno sempre più patetico e prevedibile, tenuto in piedi soltanto dallo spessore dei suoi ospiti (io stesso riesco a sintonizzarmici solo per questo), dalle polemiche e dalle trasmissioni terze fatte sulle sue polemiche. Checché ne dica Bonolis col suo: “la musica al centro” frase ormai usurata quanto quelle dei politici. Inizia la Zanicchi che alla sua età, in sprezzo al suo pubblico di benpensanti e apologhi del nazional-popolarismo, presenta "ti voglio senza amore", salvo poi risentirsi se un grande comico come Benigni la tira in mezzo perché diventa un pretesto comico troppo appetitoso.

Che la Zanicchi lasci che sia il suo Imperatore Silvius a difendersi dalle battute di questo gran giullare! D'altronde mi sembra che abbia le spalle più larghe della sua altezza. E non ci venga a dire che non è per questo che si è arrabbiata, non può reggere la filastrocca della sua eliminazione causata dal comico. Proprio lei che poi da Giletti la domenica successiva, col la scusa di difendersi dalle accuse (?) inizia la sua campagna elettorale per le prossime elezioni europee, che la vedono candidata in forza al PDL. Accetti la sua eliminazione col fatto che il suo pezzo era brutto anche perché, come si è saputo in seguito, suddetta canzone era stata già presentata qualche anno fa da Fiordaliso e già scartata da Baudo. Allora come si spiega Povia? Massacrato molto di più di lei dalla critica e dallo stesso Benigni, ma che arriva secondo? Sono stanco di ascoltare questi berlusconiani discutere su: “questa è satira e questa non lo è”, si trovino un buon comico di destra e si costruiscano in casa la propria par condicio teatrale.

Marco Carta… Fosse stato il figlio del dj foggiano Lello Carta avrebbe vinto Sanremo? Marco Travaglio parla di combine. Analizziamo gli indizi:

1. Nasce televisivamente ad Amici e già lì pare sia stato tanto osteggiato dai maestri quanto difeso dal pubblico. Persino un “nemico” come me (un appartenete alla categoria di chi odia Amici) ha dovuto assistere ad una puntata di Striscia in cui suddetto Carta veniva nella fattispecie difeso dagli inviati sardi, suoi conterranei.

2. Si presenta a Sanremo dopo una gavetta inesistente e partecipa come Big, mentre lo stesso anno una sua collega di Amici partecipa solo tra i giovani.

3. Con tutti i super ospiti che Bonolis poteva invitare nella serata finale chiama invece Maria De Filippi, proprio la serata decisiva del televoto. Nel calcio si sarebbe parlato di sudditanza psicologica.

4. Televoto: strumento di valutazione dall’attendibilità del tutto discutibile, che l’ingenua testimonianza resa dall’agente dei V.I.P. Lele Mora a Striscia colloca nelle mani del potere economico, sancisce la vittoria di un beniamino dei televotanti (categoria di telespettatori, per lo più giovani, che usano il televoto quasi quanto gli sms)

I quattro indizi descritti non faranno una prova, ma servono a ribadire quanto Sanremo sia da anni lo specchio della società italica, quella più becera, e quanto la musica a Sanremo sia come una radio accesa in una sala d’aspetto.

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