© 3 Maggio 2014 |
Il neo progressive è sicuramente uno dei generi più bistrattati in assoluto: nato in un periodo in cui il Prog era ormai "fuori moda", ne rappresentò una versione più diretta e contaminata con le sonorità di quegli anni, col risultato di inimicarsi sia i punkettoni o gli newwavers dell'epoca, sia i vecchi fan del Prog classico, che mal digerivano una certa semplificazione dei suoni e un'appiattirsi su sonorità non originalissime.
E' indubbio però che, anche nella sua derivatività, il neo prog riuscì a svecchiare un genere forse troppo fossilizzato, proponendo gruppi spesso destinati a morire nell'arco di un album o poco più ma anche band tutt'altro che pessime. Tra i capofila del genere c'erano 3 gruppi destinati a segnare quell'epoca: i Marillion, i Pendragon e, appunto, gli IQ. Strano notare come per un genere considerato effimero tutti e tre i gruppi siano ancora vivi e vegeti e abbiano intrapreso un percorso molto particolare che li ha portati in gran forma ai giorni nostri.
Se i Marillion dopo l'addio di Fish si sono spostati sui lidi di un prog-pop raffinatissimo, i Pendragon hanno faticato a rinnovarsi per poi approdare ad un prog-metal melodico molto centrato sulla chitarra del leader, gli Iq sono quelli rimasti più fedeli al loro sound durante tutto l'arco della loro carriera. Ultimamente però qualcosina era cambiata, si era notato un indurimento del sound e un utilizzo delle tastiere molto più particolare.
The road of bones è il decimo album in studio della band di Peter Nicholls e segue il solco tracciato dal precedente Frequency: tastiere predominanti sulle chitarre (come sempre per il gruppo d'altronde), sonorità più dark, lunghi assoli spesso sostenuti da tempi dispari.
Il primo brano "From outside in" dopo un inizio d'atmosfera comincia a proporci fin da subito sonorità dure, con un riff di chitarra predominate in primo piano, per sfociare in una seconda parte d'atmosfera dove le testiere ci conducono assieme ad un cantato più "dimesso" verso un finale in grande stile, molto potente e efficace.
La title track è probabilmente il miglior pezzo di tutto l'album: presenta sonorità non del tutto usuali per il gruppo, avvicinandoci ad alcune cose dei Marillion recenti. Bellissima l'atmosfera creata dalle tastiere, che rendono il brano godibile fin da subito. Non ci sono bruschi cambiamenti di umore o di suono, il brano scorre via fino al bellissimo ritornello supportato da una bella prestazione vocale di Nicholls. Belle le trame imbastite dal basso di Tim Esau
"Without walls" è invece il brano più lungo e complesso dell'album, quello più difficilmente digeribile ai primi ascolti. Ad un inizio da classica ballata, con batteria sintetica e tastiere eteree segue una parte più dura, guidata dai soliti riffoni di chitarra e dalle tastiere che la fanno da padrone. Momenti più pacati ed altri più potenti si alternano fino al ritorno alle sonorità iniziali. Brano come detto piuttosto complesso, con ottimi momenti ma probabilmente non tutto è dello stesso livello.
"Ocean" è invece il brano più breve e immediato del disco, una ballata sorretta dalle tastiere con un bel ritornello.
L'edizione standard dell'album si chiude con "Until the end", brano anch'esso lungo e pieno di cambi d'umore. Sostanzialmente è diviso in 2 parti: la prima più potente e progressiva anche se poco originale, la seconda invece emozionante e piena di pathos, con un ottimo finale.
E' presente anche un'edizione speciale, con un disco bonus contenente altri 6 brani inediti, tra i quali spiccano le bellissime Fall and rise e Hardcore.
Un album insomma che non rivoluzionerà il mondo della musica, ma decisamente godibile e pieno di buone cose, che sicuramente piacerà ai fan del gruppo e del buon vecchio neo prog in generale.
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