sabato 12 marzo 2016

Keith Emerson (1944-2016)


Quando pensi al tastierista rock per eccellenza non può non venirti in mente un nome:Keith Emerson. Magari affiancato ad un Tony Banks, un Rick Wakeman e qualche altro, magari poi in fondo molti finiscono per nominarlo con malcelata "convenzione", magari ridimensioni la portata storica di alcune sue composizioni, ma non puoi non citarlo.

Keith Emerson era fatto così: tecnicamente eccezionale e perfettamente consapevole di esserlo, tanto da autocelebrarsi (da solo o con gli ELP) fino all'esagerazione, all'eccesso, laddove qualche altro suo collega badava più alla sostanza e alla scorrevolezza.
Si può dire che in fondo Emerson era un po' il prototipo del lato più estremista del progressive rock, quello più pomposo, autoindulgente, legato indissolubilmente alla sua epoca e, anche per questo, principale bersaglio e allo stesso tempo innesco per la furia "rigeneratrice" del punk (che a posteriori si rivelò ben poco rigeneratrice, quanto più fenomeno passeggero destinato a svanire in fretta).

Dietro i costumi particolari e la sua folta chioma, il suo accoltellare i tasti, dietro le discutibili copertine raffiguranti "Carrarmadilli", le sue fughe tastieristiche chilometriche si celava un uomo più timido di quanto apparisse (almeno a leggere chi lo conosceva), comunque un pioniere e soprattutto un innovatore dello strumento (il Moog soprattutto), un artista di gran talento spesso troppo impegnato a mascherare la sua bravura sotto artifici eccessivi.

Se ne è andato proprio così, a metà marzo 2016 (un 2016 pieno di scomparse musicali illustri finora). Ha scelto di farlo in modo eclatante, controverso, inaspettato. Spiace che lo abbia fatto così, chi lo sa, forse una morte più "canonica" per uno come lui sarebbe risultata troppo banale.

R.I.P.  Keith.


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