Continua la sindrome di Golia contro Davide. Questa Juve proprio non ne vuol sapere di strapazzare le piccole, si accontenta di dargli un paio di ceffoni e rimandarle a casa, non senza aver preso il solito cazzotto mentre (come nei cartoni) gli mantiene la testa e le piccolette si dimenano dando pugni nel vuoto.
Persino le inseguitrici, per quanto infieriscano su squadre pari o inferiori alle nostre avversarie, restano a distanza di sicurezza. Entrambe (avversarie e inseguitrici) a fine turno tornano sempre a casa con un sogno infranto (eccezion fatta per il Genoa): quello di raggiungerci o superarci, in campo o in classifica.
Come lo stesso Zazzaroni ci fa notare, con un pizzico di rabbia e impotenza, dalle colonne del suo Corsport: "Cinque non bastano" e a te sembra quasi di leggere il "mannaggia alla miseria" cancellato nell'ultima bozza del titolo. Meno male dunque che è contro di loro che sono costrette ad applicare ampi turn-over (vedi Genoa che lascia in paca il capocannoniere Piatek per l'ex inter Pandev) e che è a noi che non danno simili rigori che a parti invertite apparirebbero scandalosi (i telecronisti inglesi ancora non si capacitano come, dopo essere andato a consultare il VAR, Mariani abbia potuto non fischiarci quel rigore), in fondo veder giocare così la Juve con le piccole dà speranza a tutti. Equivale ad alla vittoria virtuale che festeggiano quando Ronaldo non segna.
Persino a noi non basta vedere che spesso è la sfiga a fermare il portoghese (altro palo ieri) o che con quel rigore tutto sarebbe andato (forse) più liscio, vogliamo giustamente di più da questa squadra. Iniziamo un po' a mal sopportare una Ferrari col limitatore inserito su una pista che dovrebbe farti toccare velocità record. Eppure il primo record l'abbiamo già raggiunto: Il miglior inizio della storia, con 13 vittorie e un pareggio tra campionato e Coppa.
Il gol lampo di Dybala, secondo gol più veloce della nostra storia, ha il solito effetto soporifero dei nostri vantaggi legati ad avvii entusiasmanti. Potrei ma non voglio, canterebbe Samuele Bersani in un verso spesso citato erroneamente al contrario, perché non è che vorremmo ma non possiamo, no, è proprio che possiamo ma non vogliamo ed è questo il nostro guaio. Forse le partite per noi durano troppo o è solo col sadomasochismo di un pareggio preso che ci sentiamo vivi e ci divertiamo. E quando dico "divertiamo" intendo i giocatori in campo, perché per quanto riguarda i tifosi un po' di mugugni si avvertono, sfociando nel solito rumore di fondo dei "cacciateallegri" sempreverdi.
Il calcio lo si commenta sempre dalla fazione da cui lo si osserva, così l'immediato ritorno in vantaggio dei bianconeri dopo il pareggio per molti è una questione di fortuna, il che è parzialmente vero se non si conta ad esempio il palo colpito da CR7, che stamattina ancora tremava, o se non si considera il fatto che il suo autore (Bradaric) è tanto sfortunato nell'occasione quando graziato successivamente, quanto già con un giallo sulle spalle allunga il braccio verso la palla in area ma l'arbitro è in vena di assoluzioni. E' per questo che oggi la memoria selettiva e distorta dei soliti noti considerano addirittura più rigore una palla carambolata dalla testa al braccio di Benatia, che non la buffa danza di Bradaric. Gli stessi che si son rimessi a distorcere di le righe prospettiche in occasione del primo gol di Dybala per spostarlo in fuorigioco.
E' un'arte frustrante seguire la Juve, dunque, sia per noi che vorremmo vedere di più dalla nostra squadra che gli altri che vorrebbero vedere di meno dalla nostra squadra, ma tutti siamo costretti a vederla. Puoi vincere 10-0 o 20-0 ma alla fine sei costretto ad aspettare la partita della Juve. Mai padrone del tuo destino. Sempre vivendo tra patimenti o speranze, fino al gol del Cuadrado di turno.
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