Le serie coreane, capeggiate da Squid Game, hanno letteralmente invaso Netflix negli ultimi anni, diventando fenomeni di massa capaci di generare meme e discussioni infinite. Come dicevamo però nella recensione dedicata alla serie di Hwang Dong-hyuk, c'era molto poco di originale in quella proposta, che si rifaceva fortissimamente a tantissimi film e telefilm venuti prima, ma soprattutto al famosissimo Takeshi's Castle (che qui da noi diede vita a Mai Dire Banzai). Si trattava di un misto tra survival game, critica sociale e qualche scena splatter particolarmente cruenta. Senza andare troppo a ritroso però, solo qualche mese prima di Squid Game era giunta su Netflix Alice in Borderland, una serie giapponese che di fatto presentava giá le stesse caratteristiche distintive. Eppure non ha generato lo stesso tam tam. Perchè? A volte forse alcune serie semplicemente escono nel momento giusto, in periodi di magra, quando devono battagliare con una concorrenza poco spietata. Oppure trovano un personaggio famoso che se ne innamora e che ne pubblicizza la visione, o a volte la serie imbrocca un paio di scene iconiche che diventano dei tormentoni. Chi lo sa? Eppure Alice in Borderland non aveva poi molto da invidiare, se non forse la sottile critica sociale alla tipica cultura coreana.
Il meccanismo di Alice in Borderland, come detto, è quasi speculare a quello di Squid Game. Ci sono una serie di persone che si ritrovano a partecipare ad una serie di "giochi" piuttosto cruenti: in sostanza vincere significa vivere (e quindi avanzare nel gioco), perdere equivale a morire. Se però in quel caso partecipare al gioco era un atto volontario, determinato dalla voglia di vincere un montepremi spropositato, qui i partecipanti vengono introdotti nel game "di forza", inconsapevolmente. Carpiti, non si sa come, da un burattinaio misterioso e da una serie di adepti che costruiscono una serie di prove di sopravvivenza dalle quali non si può fuggire o sottrarsi. E' quello che accadrà ad Arisu e ai suoi amici, che dopo aver compiuto una bravata si rinchiudono in un bagno pubblico. Una volta usciti si ritroveranno in un mondo distrutto e apocalittico, dove quasi tutte le persone sono scomparse e i pochi sopravvissuti sono costretti ad eliminarsi a vicenda (letteralmente) in una serie di prove di forza, intelligenza, astuzia, agilità ecc. Dove sono finiti tutti? Chi muove le fila di questo assurdo gioco al massacro? Perchè lo fa? Come può avere tutti quei mezzi (chi perde i giochi muore all'istante "fulminato", letteralmente)? Le domande fin dalla prima puntata sono tantissime e saranno il fulcro che muoverà Arisu e soci nella loro folle corsa verso il gioco finale, tra fugaci alleanze, amicizie e lo sbocciare di nuovi amori.
Lo strutturare ogni game come una prova di tipo diverso e con regole tutte sue (ognuna indicata con una diversa carta da poker ) permette alla serie di giocare con i generi e creare puntate che incuriosiscono lo spettatore e lo spingono a cercare la soluzione migliore. Se ad esempio la prima puntata ricalca quasi pedissequamente lo schema giá visto in The Cube (una escape room strutturata come una serie di stanze piene di trabocchetti dove alla fine una sola porta conduce alla salvezza), in quelle seguenti si riprende la struttura dell'assedio alla Carpenter (c'è un assassino che insegue i giocatori in un palazzo, dal quale non si può uscire, che può essere "fermato" solo disinnescando una bomba che è rinchiusa in un'appartamento a loro ignoto) oppure si riprendono vecchi enigmi di logica abbastanza noti (ad esempio quello della lampadina e della stanza chiusa), o ancora si trasformano sport come il croquet o il rugby in varianti molto più cruente e splatter. Lo spettro di trovate è decisamente vario, interessante e avvincente e lo spettatore non vede l'ora di vedere quale sará ogni volta il gioco di puntata. E' un po' come trovarsi in un film della saga di Saw dove però tutto è più coinvolgente, in grande stile, con più personaggi e più misteri (e, come prevedibile, con più situazioni inversosimili).
Certo ad essere sacrificati molto in tutto questo sono i dialoghi, spesso molto essenziali e approssimativi, didascalici, che non offrono particolari spunti di riflessione ma spesso si limitano ad essere un commento di quanto giá stiamo vedendo a schermo. I vari personaggi continuano a ripetere ad alta voce "devo farcela", "voglio vincere", "non posso mollare adesso" e tutte le varie frasi clichè da action orientale. Ma come detto il fulcro della serie non è il voler emozionare o il voler raccontare dei personaggi complessi e pieni di sfaccettature psicologiche, ma l'azione e la voglia di stupire e coinvolgere lo spettatore. I personaggi non sono approfonditi moltissimo, se non quelli davvero importanti. Qualche veloce flashback che ci fa capire a grandi linee chi sono (il bullo, il bullizzato, quello della Yakuza, la ragazza che ha perso il padre ecc.) e poco altro. E' naturale in una serie nella quale, a causa della sua stessa struttura, i personaggi durano a volte l'arco di una sola puntata prima di lasciarci le penne. Anche se a dire il vero alcuni di loro saranno fin troppo coriacei, sopravvivendo incredibilmente innumerevoli volte di fronte ad una morte data ormai per certa.
Alice in Borderland è insomma puro disimpegno citazionista. Scorre via veloce e in continuo divenire. Lo scopo è immergerci in una serie di prove di sopravvivenza, che hanno regole molto particolari, dove l'inghippo è sempre dietro l'angolo e molto spesso rivela un colpo di scena decisivo e inatteso che inchioderà lo spettatore fino agli ultimi istanti del game di puntata. Finirete allora per parteggiare con questo quel personaggio per poi restare sorpresi da un suo comportamento che rivelerá una svolta inattesa. E' questo il cuore della serie, sebbene gran parte del tempo affronti anche (come ovvio) i suoi grandi misteri (il burattinaio o il motivo stesso dell'esistenza di quel mondo), misteri che resteranno però ben celati fino alla puntata conclusiva della seconda stagione, o forse oltre, chissá. Lo spiegone finale a dire il vero è piuttosto classico e stravisto, paradossalmente, visto quanto sono curate invece le dinamiche e le regole all'interno dei game. E' insomma Il colpo di scena che stupisce meno e lascia un po' così. Non totalmente delusi ma neppure affascinati, mentre la serie negli ultimi frame inserisce pure in fretta e furia un piccolo cliffhanger sul quale fare probabilmente poco affidamento.
"Avanti uccidimi, ma se mi uccidi non saprai mai il super mega segreto segretissimo, il mistero dei misteri che non vedi l'ora di risolvere: perchè sono nudo?" |
Se avete apprezzato Squid Game insomma non potete non recuperare Alice in Borderland, lasciandovi trascinare dalla sua oscura spirale di giochi cruenti ma tremendamente intriganti, dove nulla è ciò che sembra.
PRO
- Idea molto poco originale ma intrigante
- I game sono quasi sempre ingegnosi e ben ideati
- Mescola con disinvoltura tanti generi diversi
CONTRO
- Dialoghi un po' approssimativi
- Molti personaggi privi di carisma e costruiti più che altro su clichè
- Il finale un po' banale viste le premesse.
Voto 8--
Nessun commento:
Posta un commento