Per tutti i musicisti ad un certo punto arriva il momento di guardarsi indietro e riflettere sull'intera carriera. Quel momento nel quale magari dopo anni di successi sei impantanato nel guano della sterilitá delle idee. Per Steve Hackett questo momento giunge invece in un momento di massima creativitá nel quale, messa da parte l'originalitá o innovatività, ha trovato una vena che gli ha permesso di sfornare album a getto continuo e di essere sempre contemporaneamente su un palco, molto più rispetto a 30/40 anni fa. Ma gli anni passano per tutti e, arrivato ormai da qualche settimana, alla soglia dei 74 anni, il tempo dei bilanci è ora giunto, il tempo nel quale ci si ritrova a ripercorre le tante tappe di una vita e una carriera fatta di alti e bassi ma degna di essere raccontata. E Steve con The Circus and the nightwhale fa esattamente questo: ci racconta sotto forma di concept album i momenti più importanti, scegliendo di narrarceli per mezzo di una allegoria: la storia di un giovane chiamato Travla e il suo rito di passaggio.
Un concept quindi (e Hackett non ne componeva uno da tempo) ma non solo inteso come insieme di canzoni collegate da una trama unitaria. The circus and the nightwhale anche compositivamente è un'insieme di frammenti, di diapositive, che ci mostrano spettri emozionali e musicali diversi. Abbandonata momentaneamente la recente fascinazione per la world music, Steve in questo caso attinge ai suoi amori musicali principali, i tanti generi apprezzati e suonati da lui nel corso degli anni: il pop, il blues, il jazz, l'hard rock, qualcosina di heavy e, naturalmente, il progressive rock.
Si parte quindi con People Of The Smoke, il ricordo di una infanzia vissuta appena dopo la fine della guerra, in una Londra invasa dai fumi delle fabbriche in un quartiere operaio. Paradossalmente però è il brano più simile a quelli recenti, sembra quasi uscito da uno degli ultimi album, lascia quindi piuttosto interdetti. La brevissima e ottima The Passing Clouds dipinge pennellate vellutate, attraverso un assolo di chitarra emozionante che ci ricorda giornate passate ad ascoltare i miti dell'adolescenza, i musicisti che hanno forgiato l'amore per la musica e per uno strumento.
Taking You Down cambia nuovamente lo scenario, col suo insistente riff heavy e la voce di Nad Sylvan filtrata e oscura, ci porta su sentieri paurosi, dove i timori dell'infanzia diventano demoni che ci porteremo dietro per il resto della vita. Se i fiati hanno il sapore dei King Crimson l'assolo al fulmicotone di Steve invece conduce il brano ancora su sonoritá più dure, anche se consuete.
Found And Lost, al contrario, ci conduce in club dove è forte il profumo del fumo e del gin e, nel buio della sala, si odono note jazzate e delicate. E' il momento per Travla/Steve di "entrare nel ring" e mostrare agli altri di cosa é davvero capace: Enter The Ring è il pezzo più prog dell'album e quello che rimanda più fortemente al passato genesisiano del chitarrista. L'introduzione sta in mezzo tra Entangled e Set Your Compass del suo repertorio solista. Ma il pezzo in meno di 4 minuti riesce a regalarci sprazzi di buona parte del prog che fu, non solo di marca Genesis. Basti pensare al crescendo con flauto in evidenza alla Jethro Tull, o le successive voci che ricordano i vocalizzi degli Yes. Questo e molto altro in una composizione che fará piacere a coloro che apprezzano il lato più progressivo della musica di Hackett.
Il successo, i riflettori, però ad un certo punto diventano una sorta di gabbia dorata dalla quale il protagonista vuole fuggire. E la successiva Get Me Out! ci parla di questa necessità di andar via, cercando nuove strade per non rimanere imprigionati (siamo in pratica nel momento in cui Steve lascia i Genesis). Le strofe dolci e apparentemente sognanti quindi vengono spazzate via da un riff ed un assolo che sta in mezzo tra il blues e l'hard rock, con la chitarra elettrica che spadroneggia.
Un altro lato importante nella vita di Travla/Steve è l'amore, che il protagonista sembra trovare in una donna che, nel suo momento di massima fragilità, sembra capirlo perfettamente. Un rifugio e un porto sicuro dopo l'abbandono della grande notorietà. Ghost Moon And Living Love ci racconta queste sensazioni introducendocele con una voce femminile (Amanda Lehmann) settata su note alte, che ci conduce poi al pezzo vero e proprio: una semi-ballad impreziosita ancora una volta da un ottimo assolo all'elettrica. Ma si avverte già qualcosa di malinconico, come se qualcosa sia destinato ad accadere e a cambiare di nuovo radicalmente la vita del protagonista.
In Circo Inferno Travla/Steve sente di nuovo come una morsa e chiede aiuto, è come se si trovasse a girare vorticosamente cercando un appiglio nella persona amata. Le sonoritá sono ancora una volta dure, dirette, con riff secchi e veloci, preparandoci al sopraggiungere del crollo definitivo di tutte le illusioni. Il Breve strumentale Breakout irrompe allora ad alzare ulteriormente il volume e l'oscuritá nelle sonorità. Anche quell'unico appiglio appare vano (sono note le vicissitudini di Steve con l'ex moglie), tutto sembra sgretolarsi e il protagonista viene sbalzato via, come se si ritrovasse in mare aperto senza alcuna via di salvezza. All At Sea è la continuazione del pezzo precedente ed è anch'esso uno strumentale molto rarefatto, che ricorda vagamente The Waiting Room. A quel punto, Travla come un novello Pinocchio, vede sopraggiungere una balena (anche se nel romanzo originale, come sappiamo, si trattava di un pescecane) che si avvicina sempre di più, pronta ad inghiottirlo, con un incedere che musicalmente ricorda certi crescendo dei King Crimson. E' il momento più difficile per Travla/Steve, che sembra ormai senza via d'uscita. Siamo dentro Into The Nightwhale, un semi-strumentale, che si apre però nel finale ad una ritrovata speranza, con la voce di Steve che torna sul filo di lana, circondata da una sezione orchestrale che conduce ad un finale di chitarra piuttosto rarefatto.
Questa nuova consapevolezza e volontà di lasciarsi il passato oscuro alle spalle viene espressa al meglio da Wherever You are, una ballata pop che rappresenta forse il momento più accessibile dell'album. La chiusura definitiva spetta però allo strumentale per chitarra acustica White Dove, che Steve aveva giá rilasciato in precedenza come brano bonus. La luce ha vinto l'oscurità e il protagonista può definitivamente ritrovare la voglia di vivere e la speranza, amare di nuovo giungendo con una nuova consapevolezza alla fine del suo viaggio.
In definitiva The Circus And The Nightwhale è un album diverso dai precedenti, se non altro nella struttura e nelle intenzioni. Meno accessibile e più personale. E' come se Steve volesse ripescare da tutto il suo repertorio e volesse mettere un punto (speriamo e crediamo non definitivo). Un lavoro più frammentario concettualmente ma allo stesso tempo più omogeneo musicalmente, fatto di tante suggestioni e piccoli frammenti da ascoltare in una sola volta o al massimo due, per godere al meglio del suo potenziale.
Voto 8
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