venerdì 27 gennaio 2017

SPLIT - M. Night Shyamalan

Finalmente Shyamalan l'azzecca! Il regista più frainteso (sua culpa) della storia del cinema, l'incarnazione vivente del "è bravo ma non si applica", stavolta sembra essersi "spiegato meglio" con la sceneggiatura, riuscendo a far coincidere idea e sviluppo. Merito di una trama cruda ma essenziale e un'ambientazione semi-singola che non distrae dal tema e dalla buona recitazione degli attori. Alla fine arriva anche la genialata.

Tre ragazze vengono rapite nel parcheggio di un centro commerciale e segregate in un luogo sconosciuto da un folle dalla personalità multipla. Si accorgeranno sin da subito di non trovarsi di fronte ad un "comune" maniaco sessuale ma di essere cadute vittima di un macabro e deviato disegno. Il resto lo spiega in modo conciso e efficace la locandina qui sopra.

Chi come me in questi anni ha seguito questo regista nella sua continua ricerca della pietra filosofale cinematografica, sa che c'è fuoco sotto la cenere, ma che l'unica pietra che non l'ha mai abbandonato è stata quella di paragone, con il successo ottenuto con Il Sesto Senso. Il dopo è stato un susseguirsi di tentativi di mettere d'accordo pubblica e critica, sfociati in ibridi tra artisticità e cagata. A volte un fiasco completo. Come regista infatti non si discute, ma la le sue sceneggiature hanno sempre fatto un po' storcere il naso, come a dire: "M. Night, con la macchina da presa sei forte ma con la penna stai fermo!" .

Lui invece è sembrato quasi amare i propri difetti, tanto da farne un tratto distintivo. Il controverso pilastro su cui si basa ogni suo film è infatti la metamorfosi che la sua sceneggiatura ha in un determinato punto della storia. Ma più che di metamorfosi possiamo parlare di "trasmutazione in forma" della sceneggiatura. Cioè, quello che vedi in realtà è qualcos'altro mascherato che ad un certo punto getta la maschera e si rivela per quello che è in realtà, portando con se il vero messaggio dell'opera, quello più alto. Per intenderci, ne Il Sesto Senso la metamorfosi è alla fine del film ed è insieme trasmutazione in forma e colpo di scena. Negli altri invece è sempre in mezzo al film (come nel controverso The Village) perdendo col tempo la sua forza di un colpo di scena messo invece sul finale.

In questo film invece la metamorfosi è letterale, non puoi non vederla. Addirittura te la preannuncia. Il film è l'attesa stessa della metamorfosi, sia fisica che di genere (cinematografico). Simbolicamente il cambio è opposto a quello che c'è in The Village, dove si passa dall'horror (paura per qualcosa soprannaturale) al thriller (paura per qualcosa di concreto). Qui quello che sembra un thriller diventa poi un horror. Il film ti conduce con se nella mente del folle. Ti illustra la teoria che porta avanti la sua psichiatra senza perdere di vista neppure la storia della sua vittima principale, il tutto con flashback funzionali al concetto più che alla storia. Naturalmente non manca il solito cammeo del regista.

Peccato che una recensione senza spoliler come questa non renda giusto onore a questo film, che andrebbe spiegato e analizzato meglio. Con Split Shyamalan trova l'equilibrio senza snaturare il suo credo. Parla insieme al grande pubblico e ai suoi fan, ma lascia la genialata alla fine. Dulcis in fundo il regista ha capito che è a chi sempre l'ha seguito che deve lasciare qualcosa in più. Solo chi l'ha seguito capirà la scena finale e il suo cammeo, in particolare quelli che han visto il suo Unbreakable - il predestinato (2000). A chi non l'ha visto, infatti, sembrerà di stare assistendo all'ennesima trashata alla signor S. senza capire di essere stato trollato. Magari andrà in giro a raccontarlo a chi l'ha visto e sarà deriso perché "ignora". E' a quel punto il piano architettato dal signor S. sarà compiuto e un ghigno malefico si stamperà sul suo volto.
voto 8,5


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