venerdì 11 gennaio 2013

THE MASTER - Paul Thomas Anderson

Apologia di Scientology o ritratto imparziale sulla setta americana? Dal regista di Magnolia un film controverso, che ha diviso gli appassionati ma che ha anche fatto incetta di premi al festival del cinema di Venezia.

Grandiosa interpretazione di Joaquin Phoenix, nel film Freddie Quell, un nevrotico ex soldato della seconda guerra mondiale, iracondo alcolizzato e ossessionato dal sesso, che viene accolto come una sorta di cavia dal carismatico Lancaster Dodd (Philip Seymour Hoffman), una specie di medium parapsicologo, fondatore di un movimento che ha lo scopo di liberare le menti e guarirle dalla “gabbia che ci è stata impiantata” con la vita. Il loro diviene subito un rapporto di complicità speciale, velatamente gay (da parte di Dodd), che suscita la gelosia della famiglia del “santone”. Sembra che lo stesso Dodd basi la riuscita delle sue teorie sul cambiamento di Freddie.

La chiara ispirazione ad Hubbard, creatore del movimento, non è affatto celata, anche se la storia è quasi totalmente frutto della fantasia dello sceneggiatore. Tolto il succo della trama però, anche se i nomi e le vicissitudini cambiano, rimane la filosofia di base del culto, compreso il suo eterno scontro con l’ordine degli psicologi, considerati alla stregua di una setta atta a demolirli e demolirci. Anche se nel film infatti, si mettono in luce i lati oscuri del “santone”, alla fine rischia di apparire più un ritratto umano simile (ma con le dovutissime eccezioni e distingui) all’opera messa in piedi da Scorsese con L’ultima tentazione di Cristo. Il problema che si riscontra in questa rappresentazione non è infatti la natura fallace degli uomini che portano avanti una teoria di vita o di culto, ma il fatto che la teoria possa prescindere dagli uomini stessi che l’hanno concepita, restando in noi come un seme che germina e “arriva a destinazione”. Forse persino il fatto che il regista on si schiera finisce per alimentare opinioni discordanti.

Opera che non è piaciuta neppure a Scientology che l’ha addirittura boicottata, chiaramente perché vede nel suo fondatore un essere infallibile in terra e mal tollera le evidenti toppe dei suoi comportamenti nel film, persino circa la sua teoria di culto che appare più volte fallace nelle intenzioni decantate e scritte, che cerca in vano di guarire un uomo che avrebbe bisogno di un serio aiuto da uno psichiatra. Una teoria che come si vede fa acqua da tutte le parti e che a volte va addirittura contro la legge, proprio come Scientology.

Allora che film è The master? Sostanzialmente un buon film dall’andamento di romanzo che contiene un’ottima regia e fotografia. oltre alla bravura di caratterizzazione dei suoi attori e che da questo punto di vista merita il prezzo del biglietto oltre ai premi individuali di Venezia. Come qualcuno ha già detto The Master va “celebrato e punito in egual misura” per non buttar via il bimbo con l’acqua sporca…

voto 7-

giovedì 10 gennaio 2013

Coppa Italia, quarti> Juventus vs Milan 2-1 d.t.s.– Fino alla fine

Ancora tu. E Come l’anno scorso, Mirko Vucinic risolve uno Juve-Milan di Coppa Italia diventato alquanto al cardiopalmo, proprio come quello di un anno fa. E’ il destino di questa partita ormai, quella di far trepidare e stringere i braccioli della poltrona “fino alla fine”.

Il nostro momento non è dei migliori e lo si è visto sin da subito, bisogna dire però, a nostra scusante, che a differenza loro abbiamo schierato i panchinari. Le difficoltà più evidenti sono state nel faticare a uscire dalla difesa palla al piede, molti sono state le palle perse in tale fase, ma al di la di qualche occasione niente di che, se non fosse per un piccolo particolare, il gol. Primo tiro in porta e Milan in vantaggio. Parte la sceneggiatura e il film si complica, come finirà? per i più pessimisti, memori della Samp, la semifinale era bella che andata. Abbiamo però avuto il merito di pareggiare subito con Giovinco, che la mette dentro con una punizione che non è parsa poi tanto imprendibile, sarà che lui ha il merito, a differenza di Pirlo, di nascondersi dietro la barriera e divenire invisibile ad Amelia. Poco dopo occasione in fotocopia, stavolta Amelia ci arriva e pensi che stavolta la formica… macché! Ancora una volta una compilation di gol mangiati da mettersi le mani nei capelli, dalla quale non si tirano fuori i suoi compagni di squadra. I novanta minuti vanno via e sono di nuovo supplementari, ma meno male che c’è lui, ancora lui, Mirko il castiga Milan.

Se non è stato infarto questa sera doppiamo ringraziare Storari, che dopo una partita infinita la caccia via dalla porta intorno al 120’. Alla fine sembrava durasse un secolo questo quarto di finale, e più proseguiva più sembravamo perdere lucidità mostrando il fianco allo spettro infortuni. Prima della partita Conte aveva detto di non voler rischiare Vucinic se non ci fosse stato davvero bisogno, gli è andata davvero bene, ci ha visto lungo alla luce del risultato. Rituffiamoci dunque nel campionato proseguendo in Coppa, con la coscienza di aver un periodo fisicamente ostico, che ci impegnerà appunto fino alla fine.

domenica 6 gennaio 2013

Serie A 19> Juventus vs Sampdoria 1-2–Panettoni e Papere

Sembrava la Befana invece era una strega. Qualcuno la chiama la maledizione della partita post-natalizia, in realtà nient’altro è che l’indigestione del panettone post festivo. Fermarsi tanto a lungo è sempre stato controproducente per le grandi, ma nessuno è mai fregato nulla, è una di quelle cose che si da già per scontato, come quella che fra un po’ ci vedrà giocare su campi resi impraticabili dal freddo e la neve.

Vabbè! Vogliamo dare un po' di colpe a questa squadra? Si dice che se perdi è anche merito dell’avversario, si, ma molte volte è demerito tuo. Demerito tuo se dopo l’1-0 non la chiudi, neppure dopo essere rimasto in superiorità numerica, demerito tuo se continui a mangiare gol e subisci gol su papera del portiere. Demerito tuo se in vantaggio e superiorità numerica subisci il contropiede dalla Sampdoria, non proprio un fulmine di guerra quest’anno, roda da Zeman!

Troppi sono stati i leziosismi del primo tempo, sintomo di chi crede di poter vincere facile, troppa la foga nel secondo dopo il pareggio subito, manco fossimo già sotto 2-1 e nei minuti di recupero. Partite del genere sono un regalo all’avversario più che un merito di quest’ultimo, perché la Samp non ha fatto nient’altro che difendersi ed accettare il regalo di quei due o tre contropiede a difesa sguarnita. Troppi i cross inconcludenti e i passaggi intercettati dall’avversario. Troppo spompati al fine erano i nostri, usciti sconfitti e con le ossa rotte da una partita che la Samp aveva subito messo sul piano più materialmente agonistico.

Se sembro poco sportivo nel non voler riconoscere i meriti dei blucerchiati, mi spiace e non me ne può fregar di meno allo stesso tempo, abbiamo sempre detto che il primo nostro avversario siamo noi stessi e questa partita ci ha fatto ricordare la cosa in modo pratico. Se molli gli altri non ti aspettano.

Oggi in molti si fasceranno la testa, invocando presagi di sventura, altri invece lo spereranno e si parlerà di Lazio nuova antijuve, citando passato e cabala, ma al di là del rischio immediato bisogna guardare avanti con lucidità, credete che davvero che la squadra che è venuta a Torino a difendersi in 11 possa vincere lo scudetto, più si Inter o altre? Mah!

L’unico allarme sarà costituito dal fatto che c’è subito il Milan in Coppa Italia, in partita secca, e poi la trasferta di Parma. Ecco, ora è il momento per rialzarti Juve e non farci gridare all’allarme.

lunedì 31 dicembre 2012

Col senno di POI - Un anno di Poi Si Risolve [edizione 2012]

Man mano che si cresce si è sempre meno propensi a considerare un bene gli anni che passano, sia perchè vanno a togliersi agli anni che restano sia perchè si va verso l’ignoto. Non è infatti tutto da buttare il passato, per quanto possa esser brutto, noi invece cosa ci lasceremo dietro?
Per noi tifosi della vecchia signora è stato infatti un anno intenso e ricco di soddisfazioni, con i cori “Siamo noi siamo noi…” accennati a mai finiti quando iniziavamo a renderci conto che questa squadra, al di la di ogni previsione, era davvero forte, ma non volevamo ancora pronunciare quella parola. Un anno iniziato e conclusosi nel segno dell’Atalanta, sul cui campo all’inizio del 2012 conquistavamo il titolo d’inverno. E dopo aver coronato il sogno conquistando il nostro trentesimo scudetto sul neutro di Trieste contro il Cagliari, trovarsela di nuovo di fronte nella partita finale in cui la gioia per la celebrazione casalinga dei neo campioni d’Italia si scontrava con la commozione per l’addio alla Juve di Del Piero, in una partita già leggendaria. La prima delusione, la ciliegina Coppa Italia mancata una settimana dopo aver divorato la torta scudetto, seguita dalla prima vendetta, la conquista della Super coppa Italia a Pechino ancora contro il Napoli. Per tornare a conquistare di nuovo il titolo d’inverno ancora, manco a dirsi, contro l’Atalanta. Un anno solare in cui abbiamo conquistato 94 punti, superando il record della Juve di Capello del 2005 e quello dell’Inter di Mancini del 2007. Da registrare anche il ritorno all’emozione europea nella partita vinta strapazzando i campioni d’Europa in casa del Chelsea.
In mezzo, un estate vissuta a seguire le vicissitudini calcistiche di una Nazionale che si ferma sull’ostacolo finale di una fortissima Spagna.
Sul Versate musicale abbiamo parlato a giugno dell’uscita di A Life within a day, la collaborazione del duo Squackett, al secolo Chris Squire e Steve Hackett (album del quale pubblicammo anche i testi con traduzione). Il chitarrista attivissimo in questi ultimi mesi è riuscito a pubblicare nell’anno solare anche un album in proprio, Genesis Revisited 2, omaggio alla sua vecchia band, avvalendosi della collaborazione di guest star eccellentissime del panorama rock e giovani leve (Simon Collins, Steven Wilson, Nick Kershaw, Neal Morse, Steve Rothery, e molti altri). Il 2012 ha visto anche il gradito ritorno dei Marillion con Sounds that can’t be made, album che ha riscosso pareri positivi ed è piaciuto molto anche a noi, grazie al ritorno a soluzioni musicali più prog abbandonate nei due album precedenti.
Il 2012 cinematografico è stato segnato sicuramente dal ritorno di Peter Jackson e dell’immaginario tolkieniano della Terra di Mezzo, con il piacevolissimo lo Hobbit, film non perfetto ma sicuramente affascinate e gustoso per i fan della saga. Per una saga che comincia nel 2012 un’altra è finita proprio quest’anno: parliamo di The dark knight rises, ultimo film della trilogia batmaniana di Christopher Nolan. Il film ha diviso e ha avuto giudizi controversi, a noi è piaciuto un sacco: è una conclusione degnissima e coraggiosa di una delle opere migliori del regista britannico (che a parere di chi scrive non ha sbagliato un film finora). Tra i graditi ritorni abbiamo apprezzato anche quello del “vecchio” William Friedkin col suo Killer Joe, film di certo “duro”, imperfetto, per pochi, a tratti strafottente, ma che ha mostrato un ottima prova attoriale di un McConaughey sugli scudi. Meno riuscito invece il ritorno di Ridley Scott con un film ancora più controverso (quello che ha diviso di più in assoluto nel 2012), quel Prometeus che pur non dispiacendoci ha mostrato notevoli lacune (soprattutto dal punto di vista della sceneggiatura) assieme a indubbi pregi sul versante della resa visiva.
Tra le sorprese cinematografiche dell’anno spiccano l’opera prima di  Seth MacFarlane, Ted, divertentissima e sboccatissima commedia simil-Griffin, la consacrazione di Ben Affleck come regista (l’ottimo Argo) e il sorprendente 7 psicopatici, seconda regia di Martin McDonagh (forse il preferito del sottoscritto nell’anno solare). A Natale ci siamo visti Tutto tutto niente niente, il ritorno di Albanese, film vedibile e godibile, anche se decisamente inferiore al primo film.
Infine sul versante videoludico come al solito abbiamo preferito giochi “vecchiotti”, abbiamo dedicato poco tempo a questo versante rispetto altri anni, ma è sicuramente degno di menzione un ottimo titolo del 2011 (ma giocato quest’anno): Deus Ex –human revolution, gioco profondo sia come meccaniche di gioco che sotto il profilo della trama e delle implicazioni, sicuramente il miglior titolo giocato quest’anno.
BUON 2013 A TUTTI!

sabato 22 dicembre 2012

Serie A 18> Cagliari vs Juventus 1-3 – La fine del mondo siamo noi


La vigilia di questa partita era stata ampiamente intossicata dal sempre più delirante Cellino, che dopo aver regalato 3 punti alla squadra di Bohemian Rhapsody si lamenta perché non può giocare la partita su suo campetto inagibile da più di un anno e di questo da’ la colpa a chi? A noi. Spara al bersaglio grosso il drittone, come se a decidere su queste cose fosse la squadra che gioca in trasferta. Ve lo immaginate? Sull’autostrada da Torino a Parma, Marotta riceve una telefonata in spiccato accento Sardo: “Pronto Cellino sono, ora ora dal sindaco vengo, la proroga… prorogata è stata, per favore a giocare qui venire potete?” Ma roba da matti! Direbbe Beppe Grillo, la serietà dov’è? Lo sa Cellino quanti dei nostri tifosi han pagato biglietti aerei di andata e ritorno per Cagliari per vedere questa partita? Chi ci ha perso? E poi parla addirittura di campionato falsato. Falsato sarà il tuo cervello.

Non potendo averla vinta, come un bambino offeso invoca il Dio del calcio che ci metta lo zampino, ma sembra più una maledizione. Maledizione che sembra aleggiare per tutta la partita. Alla partenza qualcosa pare non girare per il verso giusto. I timori di un possibile calo di tensione in vista delle feste, ipotizzato da Conte, sembrano inscenarsi in campo. Puntuale come una mannaia arriva un rigore, ginocchio e ginocchio tra Vidal e Sau in area e patatrac. Rigore che, seppur ci fosse, fa urlare grazie al nostro Cellino. Eccolo il demone maya invocato dal presidente ribelle, una partita giocata in una sola metà campo con Buffon che effettua una sola parata, rigori negati alla Juve e cartellini gialli nascosti al Cagliari, rischiava di diventare la nostra terza sconfitta, proprio sotto Natale. Non era proprio serata e te ne accorgi quando Vidal (ancora lui) spara alto su calcio di rigore assegnato per fallo su Giovinco. Partite così ti va di lusso se le pareggi, invece ancora una volta questa squadra non finisce di stupirci: tre cambi Padoin, Matri e Vucinic, quest’ultimo tenuto in panca perché non al meglio, e la nave vira. Il Cagliari porta bene a Matri, e dopo la doppietta all’esordio bianconero proprio contro la sua ex squadra, ne confeziona un altra stasera sbloccandosi, offrendo anche una buona prestazione. L’epilogo è da lieto fine, roba da e tutti vissero felici e contenti.

Qualche rosicone pensa si sia trattata di fortuna, ma il solo vedere le azioni salienti può zittirlo. Persino Mediaset Premium supera se stesso, parlando di un arbitraggio che sfavorisce entrambe ma non trovando nella propria moviola un solo episodio che ci favorisca realmente, se non una sfilza di decisioni che ci vanno contro. Ecco la nuova strategia, inventare cose anche quando non ci sono e farlo a discapito persino del proprio lavoro giornalistico. Non gli rimane che sperare nella Champions che ci tolga energie o nell’infortunio di Chiellini che destabilizzi la difesa, cose ribadite esplicitamente in studio da Lele Oriali. I fatti invece parlano di 94 punti nell’anno solare, record assoluto nel campionato italiano, superata la Juve di Capello che aveva una formazione stellare… tutto il resto è leggenda metropolitana, come le storie dei Maya.

venerdì 21 dicembre 2012

TUTTO TUTTO NIENTE NIENTE – Giulio Manfredonia

Se Orwell fosse vissuto ai nostri giorni si sarebbe accorto che la fantapolitica è più comica di quello che pensava. Oggigiorno i politici e i governanti non sono proprio quei grigi calcolatori senza cuore e senza sorriso, come ipotizzava il noto scrittore, ma sono più comici dei satiri che li scherniscono, tanto che ormai questi ultimi faticano quasi a tenere il loro passo.

Il nuovo film di Antonio Albanese, si presenta come la naturale continuazione di Qualunquemente ma a differenza di questo è un film demenziale, che perde la crudezza del suo predecessore il quale era più un film drammatico mascherato da comico. Stavolta Albanese si fa in tre, ripescando il personaggio di Frengo Stoppato (il celebre foggiano di Mai dire gol) affiancandolo fisicamente nelle riprese alla new entry Adolfo Favaretto (razzista, secessionista che vuole annettersi all'Austria) e naturalmente a Cetto Laqualunque.

Tutti e tre passano, in pieno stile italico, letteralmente dalla galera al parlamento ma potete star sicuri che incontreranno gente peggiore di loro. Il film, come già detto, è volutamente caricaturale ma non per questo meno vero della tragicomica realtà, prendiamo ad esempio il parlamento rappresentato come uno stadio con tanto di curve in cui i protagonisti non sono quelli che scendono in campo (il governo) ma coloro che urlano sbraitano e tifano sulle curve… ditemi se non succede questo anche nel vero parlamento. Il regista da’ ai suoi politici una forte caratterizzazione da antica Roma, volendo così fare un parallelismo con la degradazione morale già vissuta all’epoca. Riuscito in tal senso il cammeo muto di Paolo Villaggio (qui uno dei membri del governo), direttamente dal suo Fantozzi ripesca la scena di quando si ingozzava nella clinica per dimagrire e ne fa un personaggio a se stante che ben rappresenta l’ingordigia della politica moderna.

Un film che tratta (o cerca di farlo) anche la spinosa questione dell’ingerenza della Chiesa nella vita politica. La madre di Frengo Stoppato (Lunetta Savino) non si accontenta di far entrare il figlio in parlamento ma vuole addirittura farlo beatificare da vivo, per far questo cercano di “oleare il sistema vaticano” ed è qui che la stilettata di Albanese si insinua nella teologia più spinta. Una ragazza madre che partorisce un figlio grazie ad una sorta di inseminazione artificiale ante litteram, cresciuto da un uomo che non è suo padre… “non la definirei proprio famiglia tradizionale”.

Adolfo Favaretto invece è un imprenditore del nord che recluta gli extra comunitari per fare la secessione, incaricandosi lui stesso di traghettarli nel bel paese, simbolo di un nord razzista e retrogrado che considera la forza lavoro come una macchina atta a ricevere ordini ma che va spenta a lavoro finito.

Cetto invece mantiene anche qui la sua aurea drammatica, molto più impegnato in un percorso personale che nella contesa politica che lo vede del tutto indifferente, figura per lo più prestata a questo film che esula dalla storia stessa come un politico assenteista che non si presenta neppure alle votazioni. E’ il compromesso per tenergli la bocca chiusa sui fattacci del sottosegretario ma anche il compromesso per continuare l’opera già iniziata con Qualunquemente. Il personaggio che più nel fil fa ridere davvero.

Queste tre fiere dantesche aiutano a confezionare un buon film, spassoso e pungente, da non perdere per chi ha già visto Qualunquemente ma da non paragonare con il precedente, che resta comunque il migliore dei due.

domenica 16 dicembre 2012

Serie A 17> Juventus vs Atalanta 3-0 - CAMPIONI D'INVERNO in Autunno


I bergamaschi arrivavano a Torino con la fama di ammazza grandi, noi invece quest’anno siamo l’ammazza piccole, visto che finora abbiamo fatto filotto con tutte tranne che con quelle di alta classifica (eccettuato il Napoli), Il primo sigillo lo mettiamo dopo appena un minuto e mezzo con Vucinic, il secondo invece lo mette Denis, o meglio Buffon che lo ferma in una sfida in stile pistolero dopo che un errore di Marrone lo mette in fuga solitaria. Da li in poi è dominio bianconero, una sinfonia che porta le firme del direttore d’orchestra Pirlo, con un gol su punizione nel sette come solo i numeri dieci del passato bianconero, e con il violinista solitario Marchisio. Dopo il 3-0 tutto diviene un puro fatto di cronaca, persino l’espulsione dello scellerato Manfredini, che sul 3-0 in posizione di inferiorità tecnica stende il tappeto rosso. Ma questo non è che un puntino nell’universo bianconero, che prima, dopo e per l’intera partita imperversa per tutto il campo a tratti in maniera imbarazzante. Nel secondo tempo solo esercizi di stile e anche parecchia sfortuna, soprattutto per Giovinco che avrebbe meritato la marcatura. I nostri si divertono e non lo nascondono, cercando sempre la spettacolarità e il giro palla ragionato. Il campo sembrava in discesa, l’unica cosa che stona è il non aver trovato il quarto gol e oltre.

Nella giornata dedicata al Conte e a Riccardo e Alessio tocchiamo quota 41 punti, salvezza raggiunta (si potrebbe dire con una battuta), siamo una squadra che corrode molti fegati altrui ma che a noi piace come non mai. Qui non si tratta di chi troviamo di fronte, qui si tratta di una squadra che se gioca come sa’ è davvero una goduria. Con due partite in meno raggiungiamo gli stessi punti del girone d’andata dell’anno scorso, e dopo la goduria regalataci ieri da Santa Klose vediamo le altre ostacolarsi a vicenda. Quale momento migliore da godersi in attesa (speriamo lontana) di periodi meno fortunati? A un passo dal secondo titolo d’inverno e con il Natale da capolista, qualcuno già sogna un mercato d’inverno da dono, Drogba? sarebbe l’ideale per la Champions, tutto starà nella professionalità di chi in questi anni tante occasioni se le fatte scappare, rimanendoci con l’acquolina in bocca, alias Marmottone.

Enrico Varriale  su rai 2 chiede a Conte se è dispiaciuto del fatto che il Napoli (il suo Napoli) potrebbe essere penalizzato… ma ci vuole una bella faccia tosta a chiedere questo a chi è stato messo fuori gioco per 4 mesi, senza prove e senza la possibilità di difendersi in maniera seria. Caro Varriale dove era tutto questo dispiacere nei suoi confronti? O nei confronti di tutte quelle che non sono state li a contendere (una parola grossa) lo scudetto o per chi, come il Lecce, è stato mandato in c? Indipendentemente dalle colpe o meno perché proprio ora ci si dovrebbe dispiacere? Perchè proprio ora si vuole cambiare la giustizia pallonara? E’ la solita vecchia canzone, “fatti più la” lo si dice solo a chi ti pesta le scarpe, se non riuscite a cambiare voi stessi come pretendete di cambiare il calcio?

venerdì 14 dicembre 2012

LO HOBBIT, UN VIAGGIO INASPETTATO - Peter Jackson (Recensione A Cura Di Snake Plissken)


Quando 10 anni fa Peter Jackson portava nelle sale di tutto il mondo Il Signore Degli Anelli per milioni di fan fu un evento epocale. Chi per anni aveva amato Tolkien, giocato agli innumerevoli giochi di ruolo che aveva ispirato, partecipato alle comunità e alle discussioni sul tema, si trovava di fronte alla rappresentazione cinematografica di questo intero mondo. Un opera talmente mastodontica e fantasiosa, ricca di figure mitologiche e oniriche e scene di azione che mai prima di allora si credeva possibile si potesse rappresentare su grande schermo. Il film fu un successo, rinpinguò la schiera degli appassionati, portandoli fuori dalla nicchia che si erano ritagliati, fece conoscere l'universo di Tolkien alle nuove generazioni e spinse molti, dei quali non l'avevano già fatto, a leggere i libri della trilogia. 

Ieri usciva Lo Hobbit e per chi come me, oltre ad aver letto i libri prima di sapere che ci sarebbe mai stato un film, ha iniziato proprio da questo libro, aveva un'aspettativa addirittura maggiore di quella di dieci anni fa. I rischi erano tanti, il parto problematico di una produzione affidata prima a Guillermo Del Toro (Il Labitinto del Fauno) e poi la ripresa delle redini da parte Jackson, davano il sentore che si trattasse di una patata bollente. Il ripetersi di un capolavoro è a volte molto difficile se non impossibile e la gente inevitabilmente ti giudica in base a quello che hai già fatto. La prima critica è stata sulla durata, a qualcuno è parso infatti una furba operazione commerciale creare una nuova trilogia su una storia che nasce da un libro singolo, così come l'inserimento di alcuni camei di personaggi della Saga (come Frodo) che ne' Lo Hobbit non comparivano affatto. Ce n'era poi una trasversale, che riguardava più l'Italia ed era la morte del doppiatore di Galdalf. Questo Gandalf-Proietti un po' spiazza all'inizio, sia per l'affetto che tutti avevamo verso quel famoso "Tu non puoi passare!", sia perchè una voce tanto conosciuta rischia di apparire un elemento quasi disneyano, ma che la professionalità dell'attore lo fa presto dimenticare, uno che di doppiaggi ne ha già fatti e di famosi.

Capita allora che si inizi a guardare il film con un pizzico di scetticismo, e difatti lo stesso stenta a decollare, come ancora intorpidito o forse influenzato dalla tranquilla figura del suo personaggio, Bilbo Baggins della Contea, uno che di avventure non vuole proprio sentirne parlare, ne andrebbe della sua onorabilità, ma che in fondo scalpita per poter dare un senso o una svolta alla sua pallida vita. O forse si tratta della materialità di questa "storia di nani", tipi atti a badare più alle cose concrete e soprattutto molto speculativi, come la riconquista un antico tesoro strappatogli via da un Drago, simbolo di "chi troppo vuole nulla stringe" e dell'avidità che li ha portati a perdere tutto. Nel Signore Degli Anelli, ad esempio, il tratto caratteristico della storia era la bramosia dell'uomo verso l'Anello e quindi verso il potere, una bramosia che idealmente crea il demone Sauron, i nani invece bramano la ricchezza più che il potere, un desiderio apolitico che genera (altrettanto allegoricamente parlando) il drago Smaug, un mostro senza padroni che si accasa con chi gli conviene.

Non mancano gli elementi da musical, come è naturale che fosse, visto i tanti canti presenti nella storia, ma la scena in cui il film decolla, il momento in cui dici "eccolo!" è l'epica battaglia dei giganti di pietra, una delle scene che più nel libro hanno stuzzicato la mia fantasia. Da li in poi è un crescendo, una rappresentazione che ho trovato davvero all'altezza del suo predecessore, anche se forse tuttavia ne rimane una spanna sotto, inevitabilmente. Lo Hobbit è davvero bello, denso e spettacolare, come ci aveva già abituati Jackson, e abbastanza fedele. Racchiude tutti gli elementi caratteristici del racconto di Tolkien, integrato qua e la da elementi esterni che risultano una sorta di licenza cinematografica, come ad esempio l'inserimento di elementi che troviamo solo nel Silmarillion. Si forse tra questa c'è ne una anche una discutibile (in parte) che è già stata ribettezzata da qualcuno, in codice anti-spoiler, "Babbo Natale", d'altronde come ho già detto trasformare un libro singolo in una trilogia comporterà "l'allugare il brodo", ma se ci si mantiene su questi canoni ci si può stare. Imperdibile (manco a dirlo) la mitica scena degli indovinelli nell'oscurità, quando Bilbo incotra Gollum e trova l'Anello. Se avete già visto gli altri non potete perderlo, così come consiglio ai molti che non hanno letto i libri di leggerli, perchè è da li che tutto nasce ed è li che si sente il cuore pulsante della terra di mezzo. Magari un Ken Follett di meno non vi fa male se lo sostituite con un  intero tolkeniano.

E dire che dal punto di vista tecnologico dieci anni possono dare un grande vantaggio, cosa che si nota soprattutto nella scelta dei 48 frame in luogo dei 24, cosa che personalmente ho apprezzato per la fluidità delle scene di guerra e di lotta, ma che secondo alcun'altri causa un po' di mal di testa col 3D... ah beh, problemi di chi lo sceglie, io mi sono visto il mio bel 2D molto più poetico. Riusciremo ad attendere un anno per il secondo?

LO HOBBIT (un viaggio inaspettato) - Peter Jackson (recensione a cura di Napoleone Wilson)


Dopo l'exploit del Signore degli Anelli, Peter Jackson annunciò immediatamente di voler mettere mano ad un altro romanzo di Tolkien: Lo Hobbit.
La mia reazione all'annuncio fu di esaltazione, perchè avevo letto e riletto molte volte quel racconto di sole 300 pagine e ogni volta  ne ero rimasto affascinato, se non tanto quanto la Trilogia dell' Anello sicuramente non molto di meno.
Il film però come si sa ha avuto un parto travagliato: tra cambiamenti di registi e rinvii fino all'annuncio di voler dividere il racconto prima in 2 parti e poi addirittura in 3 parti.

Leviamoci il dente: la divisione in 3 parti del Signore degli Anelli ci stava tutta ed era pienamente coerente con lo spirito del libro, il voler dividere lo Hobbit in 3 film è una mossa soprattutto economica, perchè mi sta bene che non tutto potesse starci su un film ma 3 sono evidentemente troppi.

Per fortuna il nostro Jackson sa fare il suo mestiere e incredibilmente riesce ad essere piuttosto fedele allo spunto di partenza, aggiungendo qua e là per dare maggiore epicità al tutto (a volte facendosi prendere decisamente la mano: Radagast e la sua slitta di conigli, alla "vigilia" di Natale, è un qualcosa che oltre ad essere decontestualizzato fa storcere decisamente il naso per il suo sapore leggermente trash) e per legare questa nuova trilogia a quella vecchia.
Non disturba quindi più di tanto rivedere Frodo o Galadriel, sono personaggi che non si inseriscono insensatamente nel film ma aiutano a contestualizzare certi avvenimenti che per forza di cose nel racconto originale erano del tutto slegati dal Signore degli Anelli.

L'inizio del film è abbastanza fedele ma stranamente non tanto avvincente quanto lo era stato quello de La Compagnia dell'Anello, certo anche lì il tutto era molto introduttivo, ma vuoi per l'effetto sorpresa, vuoi per la maggiore epicità del romanzo orginale, non c'era nulla che sembrasse allungato, noioso o banale. Nella prima parte de Lo Hobbit invece assistiamo a scene decisamente riuscite ed altre molto meno (la già citata slitta e la parte a Gran Burrone), che sembrano relegare il film a un simpatico racconto e nulla più, a tratti pure un po' noiosetto, non riuscendo a trasmettere la stessa magia della storia narrata nel libro.

Per fortuna all'improssivo il film comincia a carburare: oltre a cominciare ad interessare sotto il profilo della trama mette in mostra anche la magnificienza degli effetti speciali (fino ad allora non così esaltanti: la solita slitta, e tre): la scena dei giganti di pietra è quanto di più grandioso ed esaltante si potrebbe immaginare, degnissimo della trilogia dell'anello, con degli effetti speciali goduriosi ed una resa eccellente.
Da lì in poi è tutto strepitoso: l'incontro con Gollum (credevo che Jackson con la storia degli indovinelli avrebbe toppato e invece fa centro, è tutto credibile e affascinante così come nel libro), la battaglia finale ottimamente coreografata, fino alla discesa delle aquile che dipingono il cielo di maestosità e all'ovvio cliffhanger finale (l'ultimo fotogramma "dell'occhio" bello e significativo).

Insomma questo Lo hobbit lo attendevo al varco, me lo aspettavo piuttosto malriuscito (viste le già citate vicessitudini che ha attraversato), lo trovo all'inizio interessante ma non magico, a tratti nosiosetto e poi mi "sboccia" in una seconda parte che definire stupenda è un eufemismo (è esattamente quello che potrebbe chiedere un fan devoto del romanzo originale).

Una piccola chiusura sul cast: perfetto (così come lo era d'altronde quello del Signore degli Anelli), soprattutto un Martin Freeman perfettamente calato nel ruolo di Bilbo.

Buona la prima insomma, qualche tiro fuori bersaglio e poi una sequenza di 10 consecutivi da far impallidire.

Voto 8,5.

mercoledì 12 dicembre 2012

Coppa Italia, Ottavi> Juventus vs Cagliari 1-0 - Sotto Il Segno Del 12

12/12/12 il numero 12 della Juventus Seba Giovinco (12 lettere) segna al 12' minuto della ripresa il suo 12esimo gol con la maglia bianconera. La Juventus è qualificata e sotto la curva vanno 12 uomini, ecco l'allineamento cosmico di cui parlavano. Qualcuno dice persino che il suo gol fosse quotato a 12, io questo non lo so ma poco importa visto la già nutrita serie di coincidenze in stile Number 23 con Jim Carrey.

Era la sera del ritorno in campo di Conte allo Stadium, e alla fine se non fosse stato per questo e per le incredibili coincidenza già descritte, la partita sarebbe stata ricordata (o meglio dimenticata) come la partita più anonima della stagione e di sicuro tra le più brutte mai viste. Il Cagliari saliva a Torino con intenzioni niente affatto belliche, con una formazione imbottita di giovani e la testa al campionato. La Juve rispondeva da pari, con Bendtner, Isla, De Ceglie e Marrone, gente a cui non sarebbero dovute servire motivazioni per mettersi in luce sgomitando, ma in campo tutta questa voglia non si è vista affatto. E pensare che le condizioni non ottimali di Rubinho (a sua volta sostituto dello squalificato Storari) impediscono di esordire anche a lui. Partita scialba un po' per tutti tra cui forse si salva un po' Pogba per l'impegno, caratterizzata dai due infortuni fulminei di Bendtner, ancora una volta inconcludente in fase realizzativa e anche sfortunato, e di Vidal, inguaiato dall'attacco influenzale di Giaccherini che lo costringe in campo con uno ginocchio ancora malconcio, é questa forse la tegola più grossa. Della sfortuna del danese non approfitta neppure Matri, che ne prende il posto in campo, sempre spalle alla porta e mai pericoloso, ormai per i due attaccanti è una vera e propria odissea. Finalmente un gol decisivo per Seba, che ultima il suo avvicinamento ai gol pesanti e lo fa nella serata del suo numero fortunato, dopo aver sbagliato molto anche lui

Andiamo avanti così, un po' per inerzia, di certo per maggior spessore tecnico, appuntamento a gennaio, quando incontreremo, molto probabilmente, di nuovo il Milan nei quarti, ora però chiudiamo questo capitolo con sollievo dei calciatori, per quali forse questa è la competizione che meno li motiva ma che a noi tifosi ancora ci perseguita... A quelli che come me ancora gli gira in testa quella maledetta stella d'argento.